8 Maggio 2021

Testo dell’intervento in occasione di “Ricordando Giancarlo Cerini. Nel dialogo la cura del sapere e della scuola” Miur, 29 aprile 2021.

In questi giorni di smarrimento per la scomparsa dell’ispettore Giancarlo Cerini le parole del ministro Patrizio Bianchi ci indicano la strada: “portare avanti il suo lavoro”. La biografia professionale, istituzionale e culturale di Giancarlo Cerini ci propone una lezione che sarebbe colpevole non raccogliere e miope farci sfuggire. Ci sono alcuni aspetti su cui vorrei portare l’attenzione con un profondo senso di ammirazione e di riconoscenza per l’ispettore Giancarlo Cerini, per l’amico Giancarlo, avendo presente il suo “Li chiamavano ispettori” una sorta di testamento professionale ospitato in passato su una rivista educativa[1].

La nobiltà della cultura professionale di scuola

Lungo decenni di lavoro riflessivo indefesso, i sentieri tracciati da Giancarlo Cerini percorrono un’area di conoscenza del tutto peculiare: non accademica ma ancorata alla ricerca scientifica, non pedagogica ma ispirata dai maestri dell’educazione, non amministrativa ma radicata in un contesto di regolazione, non politica ma innervata nei processi di decisione e implementazione delle politiche. é l’area di quel sapere di scuola che nasce dallo studio in profondità, si coltiva nel dialogo con gli insegnanti e i dirigenti di scuola, si approfondisce nell’analisi scientifica, si irrobustisce nel confronto con i labirinti della realtà e si alimenta nello scambio anche europeo. è un sapere pratico, di cui talora ci sfugge lo status epistemologico, ma che ispira l’agire in educazione, a tutti i livelli. Supera le incomprensioni per visioni diverse se non alternative, valica i confini disciplinari e rompe gli schemi ideologici nell’aderire alla realtà.

Nello spazio educativo questa nobile cultura di scuola è un codice per il dialogo tra l’area della pratica didattica di aula, la decisione amministrativa e la strategia politica, con un perimetro largo ad accogliere la voce dei docenti e a rileggere le scelte politiche in funzione degli studenti. Così si realizza un raccordo dialettico, non senza dilemmi mai assurti, tuttavia, a contrapposizioni, non inseguimento di chimere ma calibrato sulla fattibilità e misurato sulla sostenibilità. Questo ci insegna Giancarlo Cerini in un numero immane di pubblicazioni, di appunti e di interventi, nei canali formali, ma anche nei networks sociali. Tutti sappiano che il gap tra le scuole e i vertici amministrativi e politici è strutturale e rischia di diventare distanza incolmabile senza meccanismi di contatto e ponti di collegamento. Questo assicura quella cultura di scuola di cui l’ispettore Cerini è stato costruttore esperto oltre che cultore appassionato. Una cultura che odora di scuola per parafrasare un’espressione di Papa Francesco.

Come rendere possibile la crescita professionale al servizio della scuola? 

L’itinerario professionale di Giancarlo Cerini inizia dalle aule delle elementari e alla scuola nelle sue diverse articolazioni fa riferimento. Se riflettiamo, ci ricorda che c’è un capitale potenziale presente nelle scuole, alla radice della tenuta dell’impresa educativa nonostante i problemi e le lacune. Per gli insegnanti, tuttavia, è faticoso crescere da soli; si può anche fallire, si può decidere di abbandonare o rimanere in una professione incompiuta. Dobbiamo interrogarci di fronte a una biografia esemplare, quali siano le condizioni perché la scuola possa esprimere risorse per il proprio miglioramento, liberando il capitale tacito che nelle classi e nelle scuole germoglia un po’ ovunque.

Entrare nell’insegnamento professionalmente giovani è un’alternativa ai lustri logoranti di precariato che sfiancano gli operatori della scuola. Poter accedere a posizioni di responsabilità, se si hanno le necessarie capacità, nei momenti di pienezza professionale è un’occasione da rendere praticabile in un quadro di opportunità per la crescita professionale che è la vera carriera di chi ha scommesso sui mestieri dell’insegnare. Un concorso ispettivo, selettivo nei modi e nei risultati, può rivelarsi l’apertura di orizzonti per artigiani esperti di educazione, spesso ‘sconosciuti’, fuori dai circoli ristretti dell’amministrazione o degli attori politici. Così un sistema di comunicazione professionale, animato dalle associazioni professionali e dal mondo dell’editoria, può diventare palestra di confronto, di maturazione e di ricerca, un ingrediente per un’atmosfera fertile e fruttuosa.

Sono numerose ed evidenti le implicazioni per le scelte che si impongono oggi per il domani.

L’indipendenza critica e il servizio alla scuola come bene comune

Giancarlo Cerini ha interpretato, cogliendone le possibilità ed esplorandone le potenzialità, ragionando con la gente di scuola e dialogando con i costruttori delle politiche, un ruolo che unisce controllo della regolarità con la promozione innovativa, che fa da ponte tra le scuole e il ministero, al di là di ogni asservimento formale o, come si dice, di dipendenza funzionale. Nella tradizione ispettiva c’è una componente di indipendenza legata alla capacità di discriminazione professionale, basata sul sapere pratico e sviluppata come proposta. Tra Scilla e Cariddi c’è la possibilità di una vela d’altura: tra le voci degli insegnanti e le parole dei policy makers è possibile un dialogo e un’intesa, senza cessione di proprietà, senza irrigidimenti o contrapposizioni aprioristiche. Avendo a riferimento il faro della scuola come bene comune anche l’incomunicabilità che si rende palese soprattutto nei momenti di riforma, può essere affrontata.

E’ evitabile la fatica di Sisifo derivante dalla fragilità istituzionale?

Guardando in avanti c’è un interrogativo che non mi abbandona e riguarda la base organizzativa del lavoro ispettivo. Nella riflessione professionale dell’ispettore Giancarlo Cerini ci sono tutti i temi delle recenti e meno recenti politiche scolastiche (dal tempo pieno agli istituti comprensivi, dalla valutazione formativa alla fascia 0-6, dalla valutazione dei dirigenti alla formazione continua dei docenti). Si legge in filigrana la storia della nostra scuola, dei suoi ultimi 50 anni. Si rispecchia, tuttavia, anche la fragilità istituzionale del lavoro ispettivo che è ben altro rispetto ai riconoscimenti istituzionali o all’assegnazione a posizioni apicali di responsabilità. Senza una trama organizzativa flessibile, robusta, dinamica, coerente con l’azione realmente svolta, la fatica dell’attività ispettiva diventa di Sisifo. Molto viene lasciato alla strategia individuale per ritrovare ruoli e compiti nella comunicazione professionale come nella promozione dell’innovazione. Com’è avvenuto, e avviene, per molti ispettori è spesso mancato un porto di approdo per il sostegno di professionalità. Una lacuna da affrontare per il domani se s’intende rigenerare la funzione ispettiva.

Per una next generation di ispettori per la scuola

Il consenso è generale sulla biografia eccellente di Giancarlo Cerini; vi si rintraccia, infatti, l’interpretazione autentica della tradizione ispettiva del nostro Paese, soggetta a tramonti[2] e risurrezioni[3]. Può essere una delle basi di riferimento per pensare a una next generation di ispettori, superando le soluzioni temporanee e le formule precarie degli ultimi tempi. Potremmo ridare alle scuole di oggi quello che loro manca e che nel passato hanno avuto, ma anche, e soprattutto, rispondere alle nuove domande di oggi per il domani. Giancarlo Cerini ci ha testimoniato in modo convincente che la professione ispettiva è possibile, può fare la differenza per la scuola e per il Paese e, per queste ragioni, vale un investimento significativo.

E per non rimanere nell’astratto, una testimonianza reale di valorizzazione dell’eredità potrebbe essere la proposta di una sezione della Biblioteca Luigi De Gregori che ospita questo incontro, in cui raccogliere con le soluzioni tecnologiche oggi disponibili, tutte le pagine che l’ispettore ci ha lasciato: un lascito, di contenuti e di metodo, da rendere accessibile per chi si affaccia all’insegnamento come per chi vuole ritrovare le ragioni di mestieri, quelli dell’educazione, oggi più impegnativi che mai, evitando la dispersione di un pregevole e apprezzato itinerario culturale e professionale.

Ho motivo di ritenere che l’amico Giancarlo Cerini, nonostante la sua ritrosia personale e la mitezza dei modi, sarebbe senza alcun dubbio d’accordo per amore della scuola.

[1] Cerini, G., “Li chiamavano ispettori”, Educazione punto zero, 13 gennaio 2010.

[2] Cfr. Dutto, M.G., “Il servizio ispettivo tecnico nella scuola italiana: un’istituzione al tramonto ?”, Dirigenti Scuola, 3 (1995): 63-79.

[3] Cfr. Cerini, G. e M. Spinosi, “Verso un nuovo concorso per dirigente tecnico”, Notizie della scuola, 2008.