Il tempo è una delle importanti risorse per l’istruzione (Carroll, 1963), voce di rilievo nella spesa educativa e indicatore permanente nell’analisi dei sistemi scolastici (OECD, 2020:350ss). Negli ultimi decenni tra decisori, esperti e professionisti si è avuta una svolta di prospettiva. Accanto ai criteri di allocazione e ai modelli organizzativi si sono affermati interrogativi cruciali sia generali (come trasformare il tempo di scuola in autentiche opportunità di apprendimento per gli studenti) sia più particolari (articolazione per la giornata di scuola, scansione settimanale ottimale dei tempi di vita sociali, culturali e scolastici dei giovani, distribuzione del tempo scolastico nella vita di una città, collocazione e durata delle vacanze, equilibrio nella ripartizione del monte ore tra le discipline) sia più di fondo (rapporto tra tempo scuola e risultati degli studenti). Nella letteratura il tema è affrontato da più angolazioni, dall’economia dell’istruzione alla sociologia dell’organizzazione, dalla psicologia dell’apprendimento alla pedagogia dell’educazione. Non manca sullo sfondo la discussione storica sull’asimmetria tra la cronologia scolastica e i tempi di formazione degli studenti .
In questo contributo dopo alcuni chiarimenti (1) si richiamano convergenze e divergenze nelle politiche di settore (2). Si accenna, successivamente, al rapporto tra variabilità del tempo scolastico e competenze degli studenti (3), per entrare nel microcosmo della singola scuola alla ricerca dell’uso efficace del tempo (4), concludendo, infine, con le ripercussioni del big bang della pandemia in corso (5).

1. Il perimetro flessibile

Pur di uso comune il tempo di scuola non ha definizione immediata. Anzitutto il perimetro può limitarsi alle sole attività istituzionali, o estendersi all’area dei compiti a casa (OECD 2014b) oppure includere anche le attività informali e non formali di apprendimento.
Anche considerando il solo tempo di scuola è indispensabile, inoltre, distinguere tra il monte ore formalmente assegnato dalle norme generali, il tempo reale delle lezioni o delle attività didattiche sottraendo le ore non utilizzate per chiusure, per ritardi o per assenze, il tempo dedicato all’insegnamento in classe senza quello impiegato a pratiche amministrative o logistiche e, infine, l’autentico tempo per l’apprendimento da parte degli studenti.
Il tempo scuola rientra tra le risorse semplici di input i cui indicatori sono la durata dell’anno scolastico, i calendari scolastici, il monte ore annuale, il numero di giorni di scuola, l’orario settimanale delle lezioni, la ripartizione tra discipline, la collocazione e la lunghezza delle vacanze e la durata dell’intero corso di studi. Nella realtà si rivela come un fattore composito per la pluralità di soggetti che sono coinvolti nella sua determinazione (regolazioni nazionali, competenze degli enti locali, aspettative delle famiglie, compatibilità con attività economiche, discrezionalità delle singole scuole…), per gli aspetti che concorrono alla sua organizzazione (tradizioni, prassi consolidate, aspettative sociali e domande degli utenti, strutture edilizie e attrezzature disponibili, servizi di supporto quali mensa e trasporto…) e per le implicazioni politiche che l’accompagnano (impatto sul budget, ripercussioni sulle politiche del personale docente…) nonché per la interconnessione con i tempi sociali di vita nella società e con l’occupazione femminile. A uno sguardo più approfondito il tempo scolastico si presenta come una risorsa complessa per le dirette valenze educative che assume: i tempi, come gli spazi, strutturano gli ambienti di apprendimento, determinano le opportunità di apprendimento, ritmano la vita degli studenti, condizionano la professione docente, innervano i giorni e le opere delle scuole.

2. Convergenze e divergenze tra i sistemi scolastici

L’allocazione del tempo scolastico varia tra i sistemi pur con qualche convergenza. I modelli decisionali sono diversi, alcuni fortemente centralizzati, altri a prevalente discrezionalità locale, altri ancora con formule miste di attribuzione delle responsabilità (European Commission, 2018).
Nei paesi europei il numero annuale dei giorni di scuola oscilla da 156 in Albania ai 200 in Danimarca e Italia; nella metà circa dei paesi è tra i 170 e i 180; in 17 paesi è compreso tra 181 e 190 (European Commission, 2018). Nell’area OECD gli studenti hanno una media di 7.533 ore nella primaria e secondaria inferiore, con uno scarto tra 5.940 ore in Ungheria e quasi il doppio in Australia (11.000 ore) e Danimarca (10.960 ore). Gli alunni di scuola primaria hanno mediamente 799 ore annuali mentre per gli studenti della scuola secondaria inferiore le ore salgono a 913. Nelle primarie il 51% del tempo è mediamente dedicato alla lingua, alla matematica e alle attività creative, mentre nella secondaria inferiore le lingue (la prima e le altre) e la matematica assorbono il 40% del tempo scuola (OECD, 2018: 344).
Per la verità le misure in agenda, oramai per lo più di assestamento o di variazioni minori non, impediscono cambiamenti quali la settimana di quattro giorni di scuola o la revisione del calendario scolastico in Francia (French Ministry of Education, 2013). In Italia, si è assistito, al termine del primo decennio del secolo, a una sensibile contrazione dei tempi scuola, mentre la richiesta di espansione del tempo pieno nella scuola primaria continua ad essere presente nei manifesti delle forse politiche. Nelle strategie per l’equità il tempo scuola è considerato come un terreno prioritario d’intervento (Saunders et alii., 2017). Flussi di espansione sono tuttora in corso per la fascia 0-6 anni e per gli studenti in età 15-18/19 per il conseguimento del diploma superiore a quote più elevate di studenti.
Nella scuola italiana la quinquennalizzazione della scuola secondaria superiore è uno standard di riferimento pur con gravi problemi di dropout e limitato apporto di percorsi triennali o quadriennali della formazione professionale. L’avvio della sperimentazione di cicli quadriennali, pur limitata al momento, ha sollevato il dibattito sull’uso efficace del tempo scolastico e sulla possibilità di soluzioni alternative come avviene in altri paesi europei. Il pieno nella scuola primaria è anche un modello pedagogico, diffuso prevalentemente al Nord, diventato una voce presente nei manifesti di alcune forze politiche.
In passato era elevato il monte ore nelle scuole italiane soprattutto per la fascia 7-14 anni, dati più recenti documentano un forte disinvestimento. Mentre agli inizi del secolo (2001) il monte ore annuale era per la fascia di età 7/8 pari a 1938, 3060 per l’arco 9-11 di età e 3060 per la fascia 12-14, nel 2011 si registra per le fasce citate una riduzione rispettivamente di 156 ore (1782), 288 (2772) e 101 (2959). Nello stesso periodo l’andamento nell’area OECD rimaneva sostanzialmente stabile con alcune tendenze espansive (Danimarca, Finlandia, Francia, Norvegia, Spagna) (Gromada e Shewbridge, 2016).
L’estensione del tempo scolastico presenta benefici e criticità dal punto di vista degli stakeholders (Patall et alii, 2010). Per gli studenti favorisce l’apprendimento, amplia il tempo per lo svolgimento di singole attività, agevola lo sviluppo del curriculum, intensifica i rapporti con i docenti, rende possibile migliorare i risultati. Non sono esclusi, tuttavia, effetti negativi, quali la demotivazione, l’affaticamento e l’abbandono oltre alla sottrazione di spazi per altre attività individuali. Per gli insegnanti tempi distesi permettono di coprire il programma, assicurano maggior praticabilità a interventi personalizzati e alla cura delle diverse capacità degli studenti; possono, tuttavia, sorgere problemi organizzativi, richiedere maggior impegno per assicurare l’attenzione e la concentrazione degli studenti. Criticità indotte dall’estensione dell’orario scolastico derivano talvolta dalla mancanza di docenti preparati e disponibili. Può crescere, inoltre, la disomogeneità territoriale soprattutto quando necessitano di investimenti strutturali aggiuntivi o servizi collaterali con il coinvolgimento degli enti locali.
Per le famiglie il tempo lungo della scuola riduce i costi per l’assistenza dei figli e facilita l’occupazione soprattutto femminile, ma può interferire con la vita e le iniziative del nucleo familiare. Per la società nel suo insieme i risultati positivi sono diversi, dalla possibilità di seguire alunni con disabilità o performance inadeguate alla migliore socializzazione delle classi giovanili con riduzione di problemi sociali. Allo stesso tempo, tuttavia, rappresenta un aumento dei costi anche per le dotazioni strutturali e i servizi collaterali, oltre che distrarre risorse da altre priorità quali il miglioramento della qualità dell’istruzione.

3. Il monte ore fa la differenza?

Da alcuni decenni i risultati dei sistemi scolastici sono passati al vaglio a livello nazionale e internazionale. Così ci s’interroga se c’è oltre una certa soglia, esista una relazione lineare tra il numero di ore previsto di insegnamento e i risultati ottenuti dagli studenti. Secondo alcuni esperti Il tempo scolastico è una variabile di input necessaria ma non sufficiente per garantire la qualità dell’istruzione e della preparazione degli studenti (Gromada e Shewbridge 2016). Per altri si tratta di effetti positivi limitati e condizionati . Sono da analizzare le condizioni perché l’aumento delle ore di scuola, misura invocata e adottata per migliorare la performance degli studenti, raggiunga il suo scopo.
Da un lato gli interventi estesi compensano deficit culturali e sociali: la maggior interazione con i docenti in un ambiente di stimoli cognitivi arricchisce l’esperienza formativa e colma le lacune indotte da un ambiente familiare o circostanze socio-culturali deprivate. Il clima di classe e l’interazione sociale a scuola possono stimolare atteggiamenti cooperativi e la formazione di una coscienza civica. Per questa ragione l’aumento del tempo scuola è considerato una misura per l’equità (Sanders et alii, 2017). D’altro lato la fruizione dell’’insegnamento e, più in generale, della scuola non è omogenea tra gli studenti: può variare in rapporto al loro livello di preparazione (a chi servono i tempo lunghi o e risentire degli atteggiamenti e delle loro motivazioni alla partecipazione scolastica. A trarre vantaggio da un aumento dell’orario scolastico possono essere gli studenti migliori e non necessariamente quelli in difficoltà.
Le indagini internazionali associano risultati positivi a soluzioni diverse del tempo scolastico, allo stesso tempo documentano l’indifferenza dei risultati di eccellenza con i diversi indicatori di tempo scolastico. Così le situazioni di criticità non sono necessariamente contemporanee a scelte di deprivazione del tempo scolastico. I risultati dell’ultima edizione dell’indagine PISA, confermano ad un primo sguardo l’assenza di una evidente interazione. Così, ad esempio, la scuola estone che raggiunge un elevato livello di competenza nella lettura (523) offre un percorso di 6.432 ore d’insegnamento, mentre paesi con più di 8.000 ore annuali presentano valori più limitati (493 per la Francia, 485 per l’Olanda). Paesi, inoltre, con un monte annuale di 7000 ore raggiungono valori molto diversi (504 per gli studenti giapponesi, 476 per quelli italiani, 520 per quelli finlandesi) (OECD, 2019).
Lo spreco, inoltre, del tempo, indicatore variabile tra i sistemi scolastici, denuncia l’erosione dei valori formali. Sulla base di inchieste condotte tra gli insegnanti si stima il tempo sottratto all’insegnamento per la gestione della classe o per compiti amministrativi o logistici con percentuali che possono superare il 20% (Gromada e Shewbridge, 2016: 56).
Gli studenti sono una risorsa decisiva per la qualità dell’istruzione. La loro soddisfazione e motivazione non sono indipendenti dai modelli di tempo scolastico. L’armonizzazione della partecipazione alla scuola con i tempi di vita sociale e familiare è una condizione da considerare. Il tasso di assenteismo degli studenti può essere un sintomo delle difficoltà di conciliare i tempi di vita degli studenti e gli impegni in termini di ore e le aspettative della scuola.

4. La posta in gioco a livello di autonomia scolastica

Se la quantità di tempo assume valore in rapporto alle modalità e all’efficacia di utilizzo nei concreti contesti di insegnamento, i macro indicatori, necessari per confrontare i sistemi scolastici e i modelli di allocazione della risorsa tempo di scuola, non sono sufficienti per cogliere la vera posta in gioco. Sono la cornice entro cui l’interazione tra studenti e docenti, l’ultimo miglio della scuola, entra in gioco. Come avviene per altre variabili strutturali occorre entrare nella blackbox e decodificare i processi in atto. Le condizioni perché il tempo scuola faccia la differenza vanno ricercate nelle scelte e nei comportamenti concreti di insegnanti e studenti e negli sforzi per la migliore organizzazione del tempo.
Nell’autonomia scolastica la gestione flessibile del tempo è un’area di possibile discrezionalità pur in un contesto di vincoli sia diretti che indiretti. Venti anni di autonomia hanno tracciato nuovi percorsi anche aldilà delle previsioni normative e sono ormai condivisi i suggerimenti per contrastare lo spreco del tempo. Le strategie dei docenti quali l’insegnamento focalizzato e i modelli cooperativi di lavoro a elevata efficacia sono i fattori per l’uso ottimale del tempo a disposizione.

5. Nuove sfide al tempo della pandemia

Lo scossone della pandemia è da cigno nero. Alla fine del mese di marzo del 2020 ben 184 paesi hanno chiuso le proprie scuole (IIEP-UNESCO (2020): blocco delle lezioni, sospensione, delle innovazioni e delle riforme in corso, chiusura totale delle istituzioni, contrazione del servizio scolastico, ricorso diffuso alle tecnologie per la didattica a distanza, reintroduzione di schemi del passato (sdoppiamento di classi, doppi turni, rotazione degli alunni, riorganizzazione degli spazi interni, occupazione di strutture non scolastiche. Misure di contrasto sono state implementate e situazioni patologiche sono state, e sono, gestite sulla base di linee guida in un clima, peraltro, di grandi incertezze e di affanno palpabile con la riapertura delle scuole.
Il tempo scolastico ha subito un processo di destrutturazione senza precedenti. Le ripercussioni della forte perdita del monte ore di lezioni per il percorso di apprendimento degli studenti sono state un grido di allarme lanciato dagli esperti (Gavosto e Romano, 2020; OECD, 2020: 359).
Una prima lezione che può derivare dalla crisi potrebbe tradursi in opportunità per il futuro. Ha, infatti, il potenziale per trasformare il sistema di organizzazione del servizio, soprattutto con il ricorso alla formazione a distanza e a modelli flessibili. I cantieri che si sono aperti possono avere valenze per il futuro. La destrutturazione del tempo scolastico (incertezza dei calendari, possibilità d’interruzioni dovute a contagio, semplificazione delle prove di diploma, riduzione dell’orario settimanale, forme ibride di intervento, assenza periodica di studenti in contagio…) ha messo a dura prova le competenze dei diversi attori e la flessibilità normativamente prevista è sta scavalcata da decisioni senza precedenti. La riorganizzazione dei tempi ha indotto la ricerca di nuove formule, il superamento dell’assetto tradizionale creando capacità inedite e introducendo nuove ipotesi: un contesto dinamico per ripensare anche alla personalizzazione dei percorsi degli studenti, per disegnare strategie appropriate per chi è in difficoltà, per costruire nuove soluzioni per studenti con disabilità, rivisitando la logica dei networks sociali a fini di apprendimento. Le soluzioni tecnologiche ieri promettenti si sono confrontate con la realtà, con ritardi nelle infrastrutture e rallentamenti nelle culture operative necessarie. I modelli ibridi, gli schemi della turnazione, la ricomposizione delle classi, la ridefinizione del setting degli ambienti di apprendimento, anche i modelli di arredo hanno indirettamente indicato una direzione di marcia. I tempi di apprendimento ne escono profondamente ridisegnati.
Una seconda lezione è il ritorno al centro dell’agenda di temi negli anni diventati marginali. La diffusione di nuove informazioni sulle pandemie, l’approfondimento delle conoscenze specifiche, il dialogo con il mondo della scienza e l’evoluzione delle sue ipotesi, il ripensamento dei comportamenti quotidiani sono il risultato di una mobilitazione cognitiva, avvenuta e in corso. Si profila così un’area di saperi e di competenze riguardanti la sicurezza sanitaria che interpellano i curricoli di scuola: occorre ritagliare tempi adeguati nei contenitori esistenti quali l’educazione civica e nella cultura condivisa a livello di scuola, attraverso rinnovati rapporti con i servizi sanitari e una formazione specifica dei docenti e del personale della scuola.
S’impone una seconda modernizzazione dei sistemi d’istruzione attesi, in una società del rischio, a reinventarsi i modi di azione in un contesto di forte incertezza e di grande preoccupazione pubblica. I prossimi anni potranno confermare o smentire la crescita di una nuova capacità di progettazione e di gestione dei tempi in grado di assicurare a tutti l’accesso a un’educazione di qualità whatever it takes.

Riferimenti

Carroll, J. (1963), “A model of school learning”, The Teachers College Record, 64 (8), pp. 723-723.

European Commission/EACEA/Eurydice (2018), The Organisation of School Time in Europe. Primary and General Secondary Education – 2018/19. Eurydice Facts and Figures. Luxembourg: Publications Office of the European Union.

Gavosto, A. e L. Romano (2020), Anche il capitale umano paga un prezzo alla pandemia, La voce info 28 luglio 2020.

Grubb, W. N. (2009), The Money Myth, School Resources, Outomes and Equity, Russel and Sage Foundation, New York.

Gromada, A. e C. Shewbridge (2016), Student Learning Time: A Literature Review, OECD Education Working Paper no.127 Paris: OECD

IIEP-UNESCO (2020), What price will education pay for COVID-19?, International Institute for Educational Planning, http://www.iiep.unesco.org/en/what-price-will-education-pay-covid-19-13366.

Kidron, Y. e Lindsay, J. (2014), The effects of increased learning time on student academic and nonacademic outcomes: Findings from a meta-analytic review (REL 2014 – 015). Washington, DC: U.S. Department of Education, Institute of Education Sciences, National Center for Education Evaluation and Regional Assistance, Regional Educational Laboratory Appalachia. (http://ies.ed.gov/ncee/edlabs)

OECD (2014a), Who are the schools truants, PISA in FOCU, OECD Paris.
OECD (2014b), Does homework perpetuate inequities in education? PISA in FOCUS 46, OECD Paris.

OECD (2019), PISA 2018 Results (Volume I): What Students Know and Can Do, PISA, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/5f07c754-en.
OECD (2018), Education at a Glance 2018: OECD Indicators, OECD Publishing, Paris. http://dx.doi.org/10.1787/eag-2018-en
OECD (2020), Education at a Glance 2020: OECD Indicators, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/69096873-en.

Patall, E., H. Cooper and A.B. Allen (2010), “Extending the school day or school year: A systematic review of research (1985-2009)”, Review of Educational Research, 80(3), pp. 401-436.

Saunders, M,; de Velasco, J. R.; Oakes, J. (a cura di) (2017), Learning Time: In Pursuit of Educational Equity, Harvard Education Press, Cambridge Mass.