Ci sono molti modi di entrare nella fatica del lavoro di scuola, di interpretare i mestieri complicati dell’educare e di attraversare durante il proprio itinerario stagioni diverse, talora controverse, talora condivise. Prendersi cura di una classe, assumere la direzione di una scuola, diventare protagonista dell’azione pubblica di un comune sono sfide diverse per le responsabilità che comportano e per competenze che richiedono. Ogni insegnante, come ogni dirigente, fa le proprie scelte, costruisce il proprio sentiero professionale e dall’insieme delle scommesse di tanti nasce il sistema scolastico nelle sue potenzialità e nelle sue fragilità.

Tra gente di scuola, mi si permetta questa espressione quasi colloquiale, c’è, tuttavia, un denominatore comune che rende il dialogo possibile in ogni circostanza. C’è una base implicita che ispira le interazioni, c’è una fiducia che travalica le divisioni temporanee, c’è un tracciato che è compatibile con tempi, ritmi e andature diverse. Su questo denominatore comune sono radicate le storie delle nostre buone scuole.

Gli studenti come obiettivo, le competenze come condizione e il dialogo come metodo sono i termini di un triangolo che traccia il profilo di chi sceglie di spendersi nella scuola a cui poi i tratti personali aggiungono sfumature di colore.

Di Francesco Cappelli ricordo, con gratitudine, la disponibilità a cercare soluzioni, ad esaminare e ad accogliere proposte.

Di Francesco Cappelli mi è rimasta impressa un’immagine dialogica, un dirigente a cui potevi rivolgerti sapendo di poter contare su una risposta attenta, diretta, senza mezzi termini.

Di Francesco Cappelli mi colpiva la cordialità sincera che velava un rigore e un impegno robusto.

Di Francesco Cappelli mi colpiva, in ogni incontro, il contagio della passione per l’educazione di chi ha puntato sulla scuola.

Di Francesco Cappelli mi sono rimasti il sorriso sereno e la carica di umanità che precedeva ogni discussione o decisione da prendere, ingredienti da sempre preziosi per una scuola che non riesce a distrarsi.

Grazie a docenti e dirigenti come Francesco Cappelli le nostre scuole non si sono lasciate impaurire dalle difficoltà: alle sfide hanno risposto con coraggio e lungimiranza. Così di fronte ai nuovi italiani e alle nuove italiane, la scuola ha assicurato accoglienza e opportunità. Così, la tradizione di pregio della scuola milanese ha trovato nuovi interpreti che fosse un complesso comprensivo da gestire o un’istituzione prestigiosa da rilanciare.

Mi auguro che la realtà milanese continui ad esprimere persone di scuola, professionisti dell’educare, protagonisti dell’azione pubblica come Francesco Cappelli. Anzi, mi correggo, sono certo che questo già avviene e continuerà ad avvenire nei prossimi anni perché su un terreno fertile gli esempi, come i semi che germogliano ad ogni primavera, non sono mai storie isolate.

Oggi più che mai la scuola ha bisogno di interpreti di rango dell’educare.

Mario G. Dutto