Nessun waouh ha accolto il discorso del presidente della Repubblica francese il 25 aprile scorso; le nouvelle priorités (Le Parisien) e la nouvelle ambition (Le Figaro) non hanno convinto il 63% dei francesi secondo un sondaggio, pur avendo mobilitato oltre 7 milioni in ascolto, oltre ai 300 giornalisti presenti all’Eliseo. In un paese diventato un frastagliato arcipelago[1], travagliato da fratture profonde[2] e inceppato da alcuni mesi sulle strade delle proprie città, l’attesa era elevata e l’impegno del Presidente del tutto significativo, sullo sfondo di un, incerto negli esiti, appuntamento elettorale e quasi a metà, peraltro, del quinquennato presidenziale all’indomani della crisi che con l’incendio della cattedrale di Parigi assurta a simbolo della nazione, ha attraversato la società francese.

In queste note ci si interroga sullo spazio occupato dalla scuola nella conferenza stampa e si identificano, con cenni di commento, gli impegni assunti per l’area dell’istruzione. Si coglie l’occasione per proporre alcune riflessioni collegate al rilievo strategico della variabili – le dimensioni delle scuole e delle classi – alla base delle ipotesi di intervento.

La scuola tra policy talks e impegni puntuali

Alla vigilia della Conferenza stampa la scuola non occupava posizione di rilievo nell’interesse dei mass-media, offuscata da preoccupazioni fondanti sulla democratizzazione del paese e sulla relazione tra élites e cittadini di fronte allo scollamento, alla perdita di fiducia e al senso di abbandono denunciato dai movimenti spontanei di protesta. Non c’é la scuola tra i sei dossier, che L’echo presenta il 25 aprile sui quali si attendeva una risposta da parte di Emmanuel Macron dopo il Grand Débat in cui si era impegnato con un faticoso tour del paese. La penombra era confermata anche dai contenuti delle discussioni e dai temi richiamati dai titoli dei giornali più diffusi. Peraltro, salvo alcuni cenni di cui diremo, al centro della crisi dei gilets jaunes sono altri gli slogan e l’istruzione non è in cima delle numerose rivendicazioni elencate nelle rotonde affollate di manifestanti. In primo piano campeggiano nodi cruciali della società francese mentre l’educazione e la formazione, o meglio il fallimento del sistema educativo sono sullo sfondo.[3]

Nonostante il tema della scuola non sia stato evidenziato nel dibattito, in realtà leggendo il testo della comunicazione del Presidente si ritrova un file rouge che lega i cenni alla funzione strategica della scuola, i richiami ad alcune implicazioni e gli obiettivi specifici che Emmanuel Macron affida ai propri ministri. Dai principi alle azioni puntuali il discorso ha una sua inattesa articolazione operativa.

L’evidenza delle questioni educative

La marginalità della scuola è apparente, anche a livello di policy talk. La scuola esce dal cono d’ombra non appena si aprono visioni su questioni generali generali. All’interno di un orizzonte esteso e profondo (D’abord, on l’a tous entendu, un profond sentiment d’injustice : injustice fiscale, injustice territoriale, injustice sociale”) le scelte di principio riconoscono le priorità (“Mettre l’école, le mérite, le travail au cœur de notre ambition était indispensable”) senza dimenticare situazioni critiche (On a vu s’exprimer les enfants victimes de harcèlement à l’école”. “Donner à chacun les mêmes chances pour réussir” si radica nel valore strategico della scuola (“Cet investissement dans l’école, dans l’université, dans le savoir c’est la première politique de lutte contre les injustices dans notre pays”).

L’educazione è un obiettivo per tutte le stagioni. Così è in tema il richiamo al fatto che: “…nous devons rendre notre école plus accueillante bienveillante à l’égard de celles et ceux qui jusqu’alors trop souvent n’y avaient pas leur place”. il campo è senza confini: “Les décrocheurs scolaires, les enfants en situation de handicap, là aussi beaucoup de choses ont été faites” come lo sguardo in avanti è d’bbligo (“On doit aller beaucoup plus loin, c’est indispensable à la fois pour ce que doit être notre République et pour la réussite de chacun”). Nell’intervento di Macron rischia di essere soffocato da questioni più sensibili, dall’ingiustizia sociale, fiscale e territoriale alle azioni per contrastare il senso di abbandono, dal rilancio ambizioso dell’obiettivo della piena occupazione alle misure di alterazione di vari aspetti del regime fiscale.

Lo spazio che il discorso educativo occupa, peraltro, è il meno conflittuale anche in una fase in cui è in discussione al Senato la loi Blanquer di riforma del sistema di istruzione, giù approvata alla Camera.

Richiami significativi

L’istruzione è un tema trasversale. La questione insegnante a livello di principio è sempre in agenda[4] e viene richiamata (“… cela suppose de mieux former les professeurs, de rendre leurs carrières plus attractives. Et donc dès à présent de progressivement rebâtir, revaloriser ce métier essentiel à la République et à la vie de la nation qu’est l’enseignant, le professeur, le maître. La République s’est construite comme ça. Et de toute façon en vue de la réforme des retraites que nous aurons à conduire, il faudra revoir en profondeur et revaloriser cette profession. Il faut donc que nous enclenchions cette stratégie dès à présent) è chiaro ma non si traduce in indicazioni operative o in proposte specifiche di azione.  “Et puis enfin cela suppose de mieux former les professeurs, de rendre leurs carrières plus attractives. Et donc dès à présent de progressivement rebâtir, revaloriser ce métier essentiel à la République et à la vie de la nation qu’est l’enseignant, le professeur, le maître”. C’è uno scarto tra il respiro di intenzioni per ricucire la società francese, per ‘aller plus loin’ e il bricolage delle misure per le scuole; un caso di tensione appena sottolineato dalla missione affidata alla scuola primaria.

La questione degli insegnanti ha legami generali e profondi con la vita dei territori, un tema ricorrente nella Conferenza stampa e cruciale per il lavoro di rilancio di azione che il Presidente persegue: Sur le terrain” dichiara “on a besoin de fonctionnaires, de médecins, d’instituteurs, de professeurs, d’artistes, de toutes celles et ceux qui font vivre la nation”.

Collegato alla scuola è anche un’altra iniziativa in agenda: “Et puis l’engagement c’est le service national universel, je l’ai voulu, il est en train de commencer, c’est la matrice indispensable au cœur de notre école d’abord mais qui va irriguer des vocations, l’engagement soit vers le service civique soit vers le bénévolat, vers ce qui fait très profondément cette nation de citoyens que j’évoquais et je souhaite qu’on accélère le déploiement de cette initiative, elle est indispensable et notre nation en a besoin”.

La determinata presa di posizione contro gli oppositori della laicità chiama in causa anche la scuola. A proposito di laicità il Presidente afferma: “Nous l’avons renforcé en fermant des écoles lorsqu’elles ne respectaient pas les lois de la République,[5]

Anche se ll dibattito non sfiora le questioni legate all’educazione, l’approccio di Macron è per la continuità, pur con qualche modifica di forma e la scuola, al centro del manifesto elettorale, non è assente, anzi raccoglie più consensi di ogni altra misura. C’è una continuità evidente con il programma delle presidenziali e una coerenza con le politiche in campo, soprattutto la priorità alla scuola dell’infanzia e primaria.

C’è uno scarto tra il respiro di intenzioni per ricucire la società francese, per ‘aller plus loin’ e il bricolage delle misure per le scuole; un caso di tensione appena sottolineato dalla missione affidata alla scuola primaria. Rilancio degli obiettivi già presenti nella campagna elettorale delle presidenziali e nelle azioni di governo: occorre andare ‘plus loin’ secondo la strategia. L’approccio è di visione e di indicazione di posizioni lasciando ai ministri la loro traduzione operativa per cui mandano dettagli su aspetti operativi (si creeranno nuovi posti di lavoro nella scuola?) e non sembrano esistere studi di fattibilità. Questo è lo scenario entro cui vanno prese in esame le misure specifiche presentate dal Presidente e proposte al MInistro come linee di lavoro. Il riferimento a quanto già si sta facendo serve per il rilancio (Depuis 2 ans c’est ce que nous avons largement commencé à faire. Là aussi je souhaite que nous puissions aller plus loin…”) e ai risultati positivi e, nell’insieme non di secondo piano per la rilevanza delle misure e per il loro possibile impatto nel medio periodo. E’ un settore in cui diagnosi e azione di coniugano; per gli altri si tratta di impegni

Indicazioni specifiche del Presidente per il Ministro dell’Educazione nazionale

La continuità dell’azione del Presidente trova conferma nel lancio di misure puntuali coerenti con il contesto delle proprie politiche in campo educativo (www.education.gouv.fr), soprattutto in coerenza con la priorità attribuita dall’inizio del quinquennio presidenziale alla scuola primaria per la promozione dei saperi fondamentali (lire, écrire, compter et respecter autrui) di tutti. In particolare l’impegno finanziario per la creazione di 2300 posti già dal 2019, sdoppiamento delle classi CP et de CE1 en Rep et Rep+ interessando più di 300.000 allievi dal primo anno, abbassamento dell’età dell’obbligo a 3 anni, “mobilisation pédagogique” per la lettura e la matematica con la messa in campo di valutazioni nazionali dei livelli di apprendimento degli allievi in CP e CE1.[6] Vediamo nel dettaglio gli impegni presi dal presidente Macron nel corso della conferenza stampa.

Moratoria fino al 2022 della chiusura di scuole

L’impegno a sospendere fino al 2022, cioè alla fine del quinquennato, la chiusura di scuole, come di ospedali, senza il consenso dei sindaci, è tra le decisioni che hanno raccolto il maggior livello di sostegno (85% di approvazione secondo un sondaggio citato da Le Figaro). Riflette l’attenzione ai territori e l’ascolto delle municipalità nelle assemblee del Grand Débat e sospende la programmazione in corso determinata anche dal calo demografico. E’ aperta, tuttavia la strada. Il blocco della chiusura delle scuole fino al 2022, nonostante la contrazioneil delle fasce giovanili pur in presenza di un aumento della popolazione complessiva[7], risponde a richieste esplicite come quella avanzata da François Bayrou[8], influente alleato politico del Presidente oltre che sindaco di Pau. In quache caso il tema della chiusura di classi e di scuole nei territori rurali aveva attirato l’attenzione dei jilet jaunes, suscitato forte reazioni locali[9] in caso di chiusura di scuole e alimentato il movimento “école morte” che ha interessato in varie località, dalla Picardia al Calvados i gilets jaunes unendo vari motivi di protesta, tra cui la chiusura di classi e di scuole oltre alle critiche alla legge Blanquer.

Nel corso della Conferenza il Presidente richiama la realtà del piccoli comuni appellandosi alla necessità di decentrare la democrazia. La situazione delle scuole è fortemente critica. Secondo Michel Fournier, vicepresidente dell’assocazione dei sindaci dei comuni rurali: “On a baissé de 6% le nombre d’élèves en France et on a fermé à peu près 24% des écoles. Cela veut dire qu’il faudra faire vraiment machine arrière dans beaucoup de domaines”,

Macron raccoglie le lamentele provenienti dagli ambienti rurali e ribadisce l’impegno a salvaguardare le scuole rurali. Mette in risalto anche i risutlati migliori delle scuole rurali per il loro carattere umano, perchè sono “la vie d’un village” et leur maintien a donc des intérêts pour le développement de ces zones qui connaissent des problèmes démographiques. Già a luglio del 2017 si era impegnato a bloccare la chiusura di scuole nelle aree rurali. Non sfugge al Ministro dell’educazione la rilevanza assoluta dell’impegno del Presidente (“Nous ne fermerons pas d’école primaire, c’est la première fois qu’un gouvernement s’engage à faire cela, c’est énorme“) [10]

E’ da tener presente che su circa 50 000 scuole elementari presenti sul territorio nazionale, ben 17.500 sono collocate in contesti rurali e il 20% delle scuole elementari hanno una o due classi. Tra il 2014 e il 2018 si è arrivati alla diminuzione di circa 2.000 scuole.

Sdoppiamento delle grandes sections de maternelle[11] en REP et REP+ nelle aree prioritarie

Lo sdoppiamento delle classi, misura faro del programma presidenziale, ha interessato con l’anno scolastico 2017-18, 2.200 classi di CP delle realtà molto critiche (REP+), prima id essere estesa per il 2018-19 ad altre  3.200 classi di CP di realtà svantaggiate (REP) e a 1.500 classi di  CE1 (REP+). Dal prossimo anno (2019-2020) saranno coinvolte tutte le CE1 di REP. Comlessivamente, quindi, la misura interesseà 300.000 alunni, pari al 20% delle rispettive classi di età.

La misura dello sdoppiamento, con l’annuncio del Presidente, sarà estesa alle classi della grande section de maternelle en éducation prioritaire a cominciare dall’anno scolastico 2020-21. Saranno interessati circa 150.000 bambini di REP e REP+ con la previsione della creazione di circa nuove 6.000 classi.

Tetto di 24 studenti per classi (grandes sections de maternelle, CP e CE1) fuori dell’educazione prioritaria

Altra misura significativa è il tetto posto a 24 alunni per tutte le grandes sections de maternelle, les CP et les CE1 fuori delle aree di educazione prioritaria. Sul totale delle classi (circa 140.000) si stima che il 38% pari a 52.800 delle classi (1milione e 400.000 alunni) superi il tetto fissato. Più in particolare l’intervento di contingentamento della composizione delle classi riguarderà il 58% delle grandi sezioni (8.300 su 14.500), il 24% delle classi di CP  (7.400 su 31.200) e il 43% delle classi di CEI (9.700 su 22.400) e si tradurrà nella creazione di un certo numero, stimato tra 3.000 e 5.000, di nuove classi aggiuntive. (non si tiene conto delle pluriclassi). Questa misura troverà applicazione a partire dall’anno scolastico 2020/21 fino al 2022/23 con priorità data alle classi con maggior scarto rispetto alla soglia di 24 alunni.

Si conferma. nel solco delle scelte compiute per dedicare l’attenzione alla “scuola primaria dove si impara a leggere, a scrivere, a contare e à se bien comporter” lo sdoppiamento delle classi iniziali nelle aree del disagio e dello svantaggio (école prioritaire) da completare entro il 2019. Viene anche richiesto al governo di « étendre le dédoublement des classes dans les quartiers défavorisés » incluendo le grandes sections de maternelle a partire dal 2020 con una previsione di  6.000 classi in più.

Rilievo, praticabilità e critiche degli impegni per il 2019-2022

Oltre all’aggancio a temi generali come la lotta contro le disuguaglianze, le misure sono anzitutto, risposte alle richieste ricorrenti e alle attese, sia dei genitori, sia degli insegnanti sia delle comunità locali, in primo luogo dei sindaci. Le misure di sdoppiamento e di contingentamento delle classi rispondono, soprattutto, alle attese e alle domande degli insegnanti. Il sindacato più rappresentativo nella scuola elementare, il SNUipp-FSU, aveva lanciato nell’autunno 2018 l’ hashtag #pasplusde25 per rivendicare « partout » pas plus de vingt-cinq élèves par classe – et pas plus de vingt en éducation prioritaire. Vanno inoltre considerate nel quadro di altre misure in campo[12] e delle azioni previste dalla scuola della confiance. Il dibattito è in corso e l’attesa è viva per le decisioni applicative che il Ministro dell’educazione prenderà nei mesi a seguire.

Molti, tuttavia, gli interrogativi sui tempi e sulla compatibilità per le misure operative, sulla traduzione operativa degli impegni presi più a livello di obiettivi generali. Dietro i termini talora vaghi, come nel caso dei docenti o della disabilità, usati dal Presidente quali saranno le decisioni operative? Quanto dovranno aspettare gli insegnanti per vedere il proprio stipendio rivalorizzato? Quali sono le implicazioni della moratoria sula chiusura delle scuole e sul tetto al numero di alunni per classe? Il Presidente indica la rotta da seguire, ma tocca poi al Ministro dell’éducazione definire e varare le soluzioni operative.

Sarà necessario aspettare per vedere le implicazioni in termini di posti di insegnanti nella scuola. Sono annunciati 2000 posti in più ogni anno fino al termine del quinquennio presidenziale ma non è stata confermata la previsione di 10.000 nuovi posti di insegnanti, ipotizzata da Les Echos per mettere in atto le promesse del Presidente.

Tuttavia, vari aspetti meritano di essere ripresi.

Svolte radicali o aggiustamenti progressivi ?

Legare la chiusura di scuole al parere del sindaco è una scelta senza precedenti, come l’imporre un numero massimo di allievi per classe. Si tratta, tuttavia, veramente di svolte storiche?

In primo luogo per quanto riguarda la numerosità delle classi nelle scuole primarie (statali) nonostante la rilevanza degli interventi la Francia resta indietro rispetto agli altri paesi industrializzati in termini di numerosità degli alunni per classe. Si tratta di una posizione tra le più elevate in Europa e leggermente superiore ai valori medi dei paesi OECD. Per altro si tratta di valori abbastanza stabili nel tempo (2003: 22,3; 2010: 22,6; 2015: 23) con una lieve ripresa negli anni più recenti. In realtà la misura adottata non è un riallineamento progressivo, nè una svolta rivoluzionaria. La riduzione delle scuole e del numero delle classi negli anni passati ha probabilmente accresciuto il numero di situazioni di sofferenza. I valori medi degli indicatori di numerosità delle classi nascondono situazioni di difficoltà. Esaminata dal punto di vista comparativo la soglia, quindi, dei 24 allievi per classe prevista per alcune classi sembra rispondere a squilibri e disomogeneità esistenti all’interno del sistema scolastico. A priori non sembra un obiettivo difficile da raggiungere anche perchè praticato nella quasi totalità dei paesi europei (il Regno Unito è passato in dieci anni da 25,8 allievi per classe nel 2003 a 22 nel 2015): un allineamento con i valori OECD (21 nel 2015) e UE (20 nel 2015).

Il blocco della chiusura delle scuole senza un accordo con i sindaci è un’affermazioni di principio di assoluto rilievo, ma l’impatto non appare di grandi dimensioni se si pensa che erano previste le chiusure di 186 scuole di cui 80 rurali a fronte di circa 2000 scuole chiuse negli anni precedenti. Due giorni dopo la Conferenza a France Info, il MInistro dell’educazione precisa che si tratta di una misura che entrerà in vigore dal prossimo anno scolastico. Naturalmente non è un diktat assoluto: ci saranno consultazioni e discussioni con gli eletti locali per esaminare la fattibilità e l’interesse al mantenimento di unità sottodimensionati. Il ministro si impegna ad esaminare le singole situazioni: “Nous allons, école par école, regarder avec les maires concernés si nous la fermons réellement”. Va inoltre considerato il processo di dismissione delle scuole già avvenuto nel corso degli ultimi anni, senza alcuna previsione di recupero. In ogni caso la moratoria non esclude accordi locali per la riorganizzazione territoriale del servizio scolastico.

La tabella che segue fotografa il numero di scuole chiuse da un anno all’altro e conferma che la previsione di 186 (di cui 81 rurali) scuole da chiudere per il 2019-2020 indica un processo di contenimento già in atto prima delle decisioni annunciate in conferenza stampa. Il processo di razionalizzazione sembrerebbe già sostanzialmente compiuto. Il blocco sancisce, quindi, un cambiamento già realizzato più che una svolta nelle decisioni.

 


Évolution du nombre d’écoles de 2014 à 2018 
2015 / 2014 2016 / 2015 2017 / 2016 2018 / 2017 évolution du nombre d’écoles
2018 / 2014 
– 516 – 553 – 472 – 493 – 2 034

 

Fonte: documentazione ministeriale

I casi delle chiusure previste dalla prossima settimana saranno riesaminati dai rettori e dai Directeurs académiques des services de l’Éducation nationale (DASEN). casi di chiusura si potranno presentare di fronte a un numero di alunniritenuto troppo contenuto da parte dei diversi protagonisti dei progetti di riorganizzazione locale delle classi e delle scuole sulla base del consenso degli eletti locali e del Ministero. Alcuni di queste chiusure potranno essere parte integrante delle Convention ruralité[13] sottoscritta dai partner locali.

La gestione dell’organizzazione di classi e di scuole è di particolare rilievo per cui saranno da osservare direttamente gli andamenti nei prossimi anni, anche perchè non viene esclusa la soppressione di classi.

Lo sdoppiamento delle classi prosegue una scelta già in atto e che pare dare buoni risultati in contraddizione con le politiche perseguite in termini di riduzione della spesa pubblica: Cambia il contesto dell’apprendimento, cambia anche il modo di insegnare, occorrono metodologie nuove, approcci su misura, la personalizzazione.E’ una spinta per una innovazione metodologica e didattica con ipotesi di impatto positivo. Conferma la validità dell’investimento sulla prima infanzia di cui si hanno evidenze scientifiche.[14]

Il nodo delle risorse finanziarie

La cartina di tornasole per la piena attuazione delle misure previste è la disponibilità dei fondi necessari. Due le possibili fonti di finanziamento: attraverso la diversa finalizzazione delle risorse disponibili (nel budget 2019 il governo ha previsto di eliminare 2.650 posti nei collèges e nei lycées publics e di crearne 1.800 nella scuola elementare) o attraverso l’aumento del budget del Ministero dell’educazione. Entrambe le strade sono critiche: la prima perchè potrebbe generare impoverimenti di settore, la seconda perchè può presentare problemi di compatibilità con altre scelte politiche in un contesto di politiche di riduzione della spesa pubblica.

La questione insegnanti

Francette Popineau, segretario generale del Snuipp-FSU, il primo sindacato della scuola elementare ritiene che «Il va falloir expliquer comment il compte s’y prendre pour baisser ces effectifs” dal momento che «Il va en effet falloir un effort très conséquent en terme de postes, même en tenant compte de la baisse démographique qui s’annonce». Purtroppo continua la sindacalista: «Or aujourd’hui c’est plutôt à une baisse du nombre de postes au concours de recrutement de profs des écoles qu’on assiste”. In questo condizioni la messa in opera delle misure per il 2019 non è facilmente impraticabile.

Il rischio è che per trovare gli insegnanti si riducano le dotazioni degli altri settori o si accreca il carico di lavoro dei docenti già in attività («Notre crainte, c’est qu’en baissant les effectifs de ces trois classes, on surcharge les autres», sostiene la sindacalista Popineau. Le migliori condizioni di apprendimentoo vanno garantite a tutti.

Secondo alcuni calcoli e stime (Les échos) potrebbero occorrere almeno 10.000 posti tra quelli nuovi da creare e quelli di reimpiego. Secondo il Ministro è da prevedere un minimo di 2000 posti ogni anno e 2300 dal prossimo anno.

Impegni contingenti, processi di messa in opera e scelte strutturali

La messa in opera non potrà che essere graduale. Il quasi blocco delle chiusure di scuole (salvo l’accordo con il sindaco) entrerà in vigore dal prossimo anno e non modifica le decisioni già attuate. Si sospendono le previsioni relative a 186 scuole di cui 80 in contesti rurali, anche se come afferma il ministro, “même ce 186, nous allons revenir dessus. C’est-à-dire que nous allons, école par école, regarder avec les maires concernés si nous la fermons réellement.”  Il meccanismo, inoltre, della chiusura delle scuole non incide su un grande problema di equilibrio tra le situazioni. La determinazione di soglie evidenzia le disomogeneità esistenti. Il problema, infatti, è quello del mantenimentoo del numro di classi, cosa che non è garantita dal ministro per ragioni di equità: “Si vous ne fermez pas une classe parfois, vous créez des inégalités puisque vous avez des gens qui bougent d’un endroit à l’autre”, si giustifica Jean-Michel Blanquer, per cui si possono create grandi disparità con “14 élèves par classe en Lozère” contro i “27 dans certains départements“.

Si pongono, inoltre, interrogativi sulla permanenza nel tempo delle misure adottate. Dopo il triennio previsto, in pratica al termine del quinquennato presidenziale, i problemi potrebbero ripresentarsi.

Scuole e classi: l’impatto delle dimensioni

Le misure proposte, per quanto di settore, peculiari e non generali, a implementazione graduale, di effetto nel tempo, chiamano in causa ipotesi sottostanti, da un lato, i rapporti complessi tra reti di scuole e territori e, dall’altro, la ricerca di efficacia delle manovre sulla variabile rappresentata dalla numerosità delle classi e delle scuole.

Che cosa sappiamo sull’importanza della presenza di scuole anche di piccole dimensioni in alcuni territori? Quali evidenze abbiamo sull’impatto positivo della riduzione del numero di studenti per classe al fine di migliorare gli esiti scolastici? La contrazione della numeorità delle classi fa la differenza? C’è una ‘taille humaine’ delle classi? Qual è la grandezza ideale di una scuola efficace?

Gli assunti e, spesso, le opinioni correnti in merito non sempre trovano conferma aperta nelle conclusioni della ricerca e sono una cartina di tornasole della qualità delle politiche decise nonché dei processi di costruzione delle decisioni. Senza la presunzione di esplorare l’intero terreno della class size e della school size, aree di ricerca di lunga data, si sviluppano alcune riflessioni richiamando qualche rapporto di ricerca. Lo scopo è di contribuire a approfondire la complessità della questione e la necessità di un approccio contestuale, ragionevole e controllato.

La variazione comparativa

Affrontando l’impatto della taille humaine delle classi sui livelli di competenza degli studenti significa, anzitutto, prendere atto di una grande varietà di situazioni che l’analisi comparativa ha messo in evidenza da anni e che relativizza molte discussioni, soprattutto se si leggono sinotticamente le risultanze del testing internazionale con i modelli organizzativi prevalenti nei singoli paesi. Condizioni accettate in alcuni contesti sono ritenute non solo impresentabili in altri ma addirittura ostacoli permanenti per un’azione efficace di istruzione. Lo stesso livello, implicito nell’opinione corrente, di numerosità delle classi varia da una tradizione istituzionale e professionale a un’altra, oltre che da metodologie di insegnamento. E’ evidente la tendenza alla diminuzione dal 2000 ad oggi e ad un graduale aumento nei paesi tradizionalmente con classi di limitata composizione. Allo stesso tempo l’aumento del numero di alunni per classe è una delle leve utilizzate per contrarre le spese in educazione, dato l’impatto diretto che ogni decisione su tale variabile pul avere. In alcuni contesti la contrazione del numero di alunni è stato anche un obiettivo di politica scolastica (UK) mentre in altri ha interessato le strategie di inclusione di studenti con disabilità.

La varietà di situazioni con soluzioni la numerosità delle classi in Europa rende relativa anche la definizione di classi a dimensione ridotta (24 alunni per classi è vicina al livello massimo raggiunto nei paesi dell’Unione), i paesi importanti hanno 30 e più alunni per classe. Sul tema si registrano tentativi compiuti nel tempo in modo più o meno sistematico (linea di riforma in California – Progetto STAR), tendenze generali verso una maggior uniformità comparativa e un calo della numerosità degli alunni per classi nell’area dell’Unione europea.

Esiste una ‘taille humaine‘ delle classi?

Quale sia la numerosità ideale di una classe di scuola è un tema oggetto di ricerca e molto dibattuto[15], anche per le molteplici implicazioni che accompagnano la questione[16]. Il tema può essere affrontato da due diversi punti di vista.

Il primo punto di vista riguarda il vantaggio di una strategia basata sul controllo della numerosità delle classi e sulla ricerca di maggior efficacia attraverso la sua contrazione rispetto ad altre scelte alternative, diverse o integrative. Ci si può, infatti interrogare se la politica di classi poco numerose sia più efficace di altre ipotesi di intervento, come l’ingresso di insegnanti che cooperino con l’insegnante di classe, il varo di nuovi programmi di insegnamento, uin piano di riqualificazione degli insegnanti, il prolungamento del tempo scolastico, un marcato investimento nelle tecnologie per l’apprendimento, l’attribuzione di maggiore autonomia alle singole scuole, il decentramento del potere decisionali limitando la discrezionalità delle burocrazie scolastiche. L’analisi costi e benefici e l’esame dei processi di implementazione.

Probabilmente è difficile mettere a confronto strategie politiche diverse, peraltro spesso compresenti in misura diversa. Tuttavia questo è un punto di vista importante[17], anche tenendo conto di significative esperienze condotte in alcune paesi con scelte esplicite (STAR Programme negli USA). Esistono, comunque, meta-analysis[18] che val la pena di consultare.

Il secondo punto di vista riguarda direttamente i vantaggi della riduzione della numerosità delle classi. Il tema è tra i più analizzati tra gli interventi di carattere sociale; le ricerche, tuttavia, non arrivano a trovare un consenso. Due scuole di pensiero di oppongono e si contrastano. Più recenti studi sembrano documentare, in linea generale, una diffusa prevalente incertezza, salvo alcuni esiti. Nella loro ricerca Filges et al. concludono che “The available evidence does suggest that there is an effect on reading achievement, although the effect is small. We found a statistically significant positive effect of reducing the class size on reading. The effect on mathematics achievement was negative and not statistically significant” (2018,47) auspicando lo sviluppo della ricerca per arrivare ad esiti più importanti.

Entrando del merito dell’impatto della contrazione del numero di studenti per classe sulla riuscita scolastica le evidenze non sono a senso unico.[19] Una recente ricerca europea (2018) conclude con una posizione salomonica: “This paper reviews the empirical evidence about the effects of class size on student outcomes with an emphasis on results for European countries. The key finding is that the results are mixed. Some studies show credible evidence on substantial beneficial effects of smaller class sizes, whereas other equally credible studies find effects that are rather small or not significantly different from zero. Evidence on the factors that may explain these differences is limited.” [20](2018,p.1)

La riduzione del numero di studenti per classe è un’ipotesi sostenuta da opinioni correnti, da richieste delle organizzazioni sindacali degli insegnanti e ritenuta ragionevolmente di buon senso, anche se la gestione delle classi a dimensione diversa richiede competenze specifiche. C’è un insieme di risultanze che appaiono in qualche modo utili. Se a livello generale l’impatto è incerto e ambivalente, la situazione può essere diversa considerando i singoli settori del mondo della scuola. Gli studenti con svantaggio possono trovare maggiori benefici rispetto agli altri. Se così è “… rather than implementing costly universal class size reduction policies, it may be more economically efficient to target schools with high concentrations of socioeconomic disadvantaged students for class size reductions“.(2018, p.13).

La questione, quindi, diventa quando è opportuno ridurre le classi, rispetto a quali studenti, per quanto tempo. Sotto questo profilo la scelta della scuola francese appare ragionevole: non una misura generalizzata, bensè una scelta ponderata. Se in linea generale esistono alternative da prendere in considerazione, la focalizzazione su situazioni di disagio sembra rispondere a criteri di efficacia.

Scuole piccole e grandi: fanno la differenza?

Le dimensioni delle scuole sono un tema oggetto di un‘intera tradizione di ricerca (school size) in un contesto caratterizzato da una grande varietà di situazioni e di format organizzativi dipendenti anche non secondariamente dall’articolazione del sistema scolastico, dalle caratteristiche territoriali del paese e dalle tradizioni proprie di modelli organizzativi e di pratiche didattiche (le pluriclassi sono comuni in alcuni paesi, escluse in altri). Non a caso non esiste la stessa abbondanza di dati e confronti comparativi come avviene per la questione della class size. Può essere utile riportare alcuni rapporti di ricerca che illuminano la complessità della questione. Preliminarmente è comunque rilevante precisare di quale range si prende a riferimento e quale rilievo ha la leadership di scuola. I margini di manovra dipendono anche da condizioni e vincoli oggettivi, in relazione ai servizi di trasporto, agli orari e all’età degli allievi.

Ci troviamo di fronte a evidenze contrastanti e a una molteplicità di fattori intervenienti e di varianti contestuali per cui è del tutto impossibile arrivare a posizioni ultimative. Al solo scopo di accennare alla rilevanza del tema e alla complessità delle indagini sul campo citiamo alcuni studi diversi.

Il primo esamina il rapporto tra le dimensionii della scuola e i risultati scolastici di alunni di scuola elementare in Ontario (Kerry Reimer Jones e Anthony Ezeife, School Size as a Factor in the Academic Achievement of Elementary School Students, Article (PDF Available)inPsychology 02(08) · January 2011).  Prendendo in esame 541 scuole appartenenti a 10 diversi organismi e utilizzando i risultati di test standardizzati somministrati formalmente dall’ Educational Quality and Accountability Office (EQAO), le conclusioni sono che in linea generale che “there was no statistically significant correlation between school size and student achievement”. Scendendo, tuttavia, nel dettaglio i ricercatori rintracciano correlazioni significative a livello del terzo e del sesto anno e per alcune aree curricolari: i risultati per quesglianni di corso per la lettura (3) e per la lettura, la scrittura e la matematica (6) erano superiori per gli alunni che frequentavano scuole più grandi (con più di 420 alunni). Students in me-dium-sized schools (between 246 and 420 students) also had the highest mean percentage of students performing above provincial standards in Grade three writing and in Grade six mathematics.

Il secondo studio è una meta-analisi condotta su ricerche realizzate tra il 1990 e il 2012 da Luyten, Hans, Hendriks, Maria, Scheerens, Jaap (School Size Effects Revisited. A Qualitative and Quantitative Review of the Research Evidence in Primary and Secondary Education, 2014). I risultati  sono che il rapporto tra le dimensioni delle scuole e i risultati degli studenti non è molto stretto. Qualche evidenza per studenti con svantaggio  e per le non cognitive skills.

Un terzo studio è condotto da Kenneth Leithwood e Doris Jantzi[21] con l’analisi di 57 studi pubblicati dopo il 1990 sugli effetti della dimensione delle scuole su risultati degli studenti e sull’organizzazione. Secondo gli autori le evidenze degli studi consultati sarebbero a favore delle piccole scuole, in cui particolari benefici verrebbero per gli studenti tradizionalmente in difficoltà o rovenienti da contesti socialmente ed economicamente svantaggiati. Di qui il suggerimento di contenere le scuole elementare al di sotto della soglia dei 300 studenti e quelle in contesti difficili entro il limite di 500 studenti. Le scuole secondarie che sono collocate in contesti di svantaggio socio-economico e culturale non dovrebbero superare i 600 studenti, mentre quelle con una popolazione economicamente e socialmente omogenea dovrebbero avere una popolazione attorno ai 1.000 studenti. Altri studi hanno in passato messo in evidenza la necessità di raggiungere un equilibrio tra le esigenze di creare della comunità a dimensione umana e i vincoli derivanti dalla possibilità di disporre di adeguate attrezzature e funzionalità.

Le scuole in contesti rurali

Un caso particolare della questione delle dimensionii delle scuole riguarda il contesto rurale. Sulle scuole rurali esiste una vasta letteratura perchè riguarda in misura variabile quasi tutti i paesi.  Là cioè dove le dimensioni delle istituzioni scolastiche sono necessariamente contenute e dove non è possibile oltre una certa misura razionalizzare la rete scolastica o dove le soluzioni alternative possibili presentano motivi contrastanti a favore e contro. In tutti i paesi europei il problema si è presentato sotto forme diverse e le soluzioni sono state molto varie come documentano i modelli organizzativi adottati lungo tutto l’arco alpino da paesi diversi, dalla Francia all’Italia, dalla Svizzera all’Austria. Le aree a bassa densità demografica sono problematiche per chi organizza il servizio scolastico come le transizioni demografiche, oltre un certo livello, hanno una ripercussione importante sull’articolazione delle strutture scolastiche. La questione è stata analizzata in vari contesti, dalla Finlandia[22] ai paesi africani, anche sotto la pressione dei costi comparativamente elevati che comporta, ed è ancora oggi oggetto di dibattito[23].

La sospensione a termine della chiusura di scuole è una risposta a caldo, che richiama, pur non affrontando direttamente il problema, interrogativi di fondo (cfr.”L’école rurale a-t-elle un avenir ?” Par François Jarraud; “L’école rurale menacée par la RGPP. http://www.cafepedagogique.net/lexpresso[…]Par François Jarraud , le jeudi 12 avril 2012). Negli ultimi due anni si è avuta una stabilizzazione della popolazione della fascia pre-elementare.[24]

L’art d’être français

Nel linguaggio macroniano le espressioni accattivanti sono correnti e danno effetto ai contenuti. Contenuta nell’intervento del 25 aprile la rivendicazione dell’art d’être français come stimolo a andare oltre, a fare rotta sugli anni a venire, ragionando sulle opzioni, confrontando con rispetto le posizioni e adottando le soluzioni condivise ed efficaci è un’intuizione felice, a conferma che l’Acte 2 dell’epoca di Macron è nel solco della continuità al di là dell’involucro retorico. L’intreccio delle questioni educative, talvolta intrattabili, impone, tuttavia, realismo e circospezione perchè si rispetti la fiosofia del Presidente (“Je fais ce que j’ai dit”). Lasciando le evoluzioni retoriche, le misure concrete adottate traducono preoccupazioni reali, ma sono anche un banco di prova della solidità delle ipotesi sottostanti, della capacità di implementazione e della tenuta nel tempo delle scelte compiute. Per questo il caso francese è da seguire con interesse nei prossimi due anni. Non sono svolte radicali, ma impegni a portata di mano pr un ministero attualmente impegnato, per riprendere un’espressione di Claude Allègre, a ‘dégrasser le mammouth perchè si muova.

[1] Jérôme Fourquet, L’archipel français, éditions du Seuil, Paris 2019.

[2] Gilles Kepel, La fracture, Gallimard, Paris 2016.

[3] Jilets rouges e l’école est morte

[4] Jilet rouge

[5] Emmanuel Macron si riferisce alla questione delle scuole private che non operano con un contratto con lo Stato e alla preoccupazione per l’apertura di scuole ispirate a culture estranee alla tradizione nazionale. L’iniziativa del precedente governo di introdurre l’autorizzazione è stata censurata dalla Corte costituzionale in nome della libertà di educazione. Un nuovo dispositivo di legge è in corso di discussione in Parlamento

[6] Elles montrent dès à présent que les progrès des élèves peuvent être rapides, notamment dans les classes dédoublées en éducation prioritaire.

[7] Al 1 gennaio 2019 erano 370.453 i francesi di 1 anno mentre ammontavano a 433.377 i diciottenni (www.insee.fr/fr/statistiques).

[8] Con un twit del 20 marzo 2019 François Bayrou, leader del Mouvement democrate, alleato di Macron e sindaco di Pau (dove i genitori hanno dormito in una scuola per protesta, scriveva: Si les élus locaux refusent la fermeture d’une école, il faut la maintenir ouverte, c’est un facteur d’installation de familles dans les territoires”.

[9] /www.ladepeche.fr/2019/02/09 Suite à l’annonce de la suppression d’une des 5 classes de l’école publique Jardin Fontaine, gilets jaunes et parents d’élèves ont déclaré “école morte” pour la journée ce site qui accueille 100 élèves et posé un cadenas sur la grille d’entrée à 7h, ce lundi 28 janvier.Verdun 28.1.2019 FranceInfo

[10] Blanquer FranceInfo sabato 27

[11] Le Grands sections de maternelle sono le classi dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia.

[12] Iniziative derivano anche da altri schemi di azione. Così ad esempio il lancio della prima colazione gratuita e della mensa ad 1 euro da parte del Ministro della sanità e dell’educazione nazionale, finanziato all’interno del piano contro la povertà e da sviluppare grdualnete con il coinvolgimento progressivo delle strutture territoriali (adadémies).

[13] L’éducation nationale engagée en faveur d’une école rurale de qualité Information – 08/03/2018 .

[14] Janvier 2019 Dédoublement des classes de CP en éducation prioritaire renforcée : première évaluation

https://cache.media.education.gouv.fr/file/01_-_janvier/00/9/DP-evaluation-janvier-2019_1065009.pdf

[15] Si veda la discussione nel contesto italiano il successo dell’espressione “classi pollaio” (114.000 contatti su google, 5 maggio 2019.

[16] E’ diverso dal valore del rapporto studenti/docenti

[17] Selon une étude publiée par le Journal of the European Economic Association (N° de décembre 2018), l’utilisation d’un second professeur ou d’un assistant, ce qu’on appelle en France un maitre +, a un impact très positif sur les résultats scolaires des enfants défavorisés. Cet effet a été évalué jusqu’à 30 mois après la fin du dispositif. Il est durable. Pour les auteurs, Simon Calmar Andersen et Helena Skyt Nielsen de l’Aarhus University, Louise Beuchert (VIVE) et Mette Kjærgaard Thomsen (université du sud Danemark), “l’utilisation  d’un maitre + est au moins aussi efficace que la réduction de la taille des classes. Or c’est une intervention beaucoup plus flexible capable de s’adresser à un seul groupe d’élèves pour des périodes limitées”. Alors que le gouvernement a ….

[18] Filges, T., Sonne-Schmidt, C. S., Nielsen, B. C. V. Small class sizes for improving studentachievement in primary and secondary schools. Campbell Systematic Reviews 2018:10 DOI: https://doi.org/10.4073/csr.2018.10

A total of 127 studies, consisting of 148 papers, met the inclusion criteria. These 127 studies analysed 55 different populations from 41 different countries. A large number of studies (45) analysed data from the Student Teacher Achievement Ratio (STAR) experiment which was for class size reduction in grade K-3 in the US in the eighties. However only ten studies, including four of the STAR programme, could b

e included in the meta-analysis.

[19] Studies in Educational Evaluation

Volume 53, June 2017, Pages 98-114

Class size effects on reading achievement in Europe: Evidence from PIRLS

Some researchers have suggested that reducing class size may result in increases in student achievement. However, the empirical evidence about class-size effects from experimental or quasi-experimental studies has been mixed overall. This study sheds more light on whether class size reduction impacts reading achievement in eight European countries: Bulgaria, Germany, Hungary, Italy, Lithuania, Romania, Slovakia, and Slovenia. We examine class size effects on reading achievement using national probability samples of fourth graders. All eight European countries had participated in the Progress in International Reading Literacy Study (PIRLS) in 2001, 2006 and 2011. Overall, the results indicate that class size effects on reading achievement are not significant across countries and years. One exception was Romania where class size effects in 2001 and 2011 were significant and negative suggesting that reducing class size corresponded to increases in reading achievement. Trends in class size effects over time were not observed.

[20] European Expert Network on Economics of Education (EENEE) Class size and student outcomes in Europe, EENEE Analytical report n.33

  1. Leuven e H. Oosterbeek, january 2018

Ting Shen Spyros Konstantopoulos

[21]  Review of Educational Research, A Review of Empirical Evidence About School Size Effects: A Policy Perspective  Kenneth Leithwood, Doris Jantzi First Published March 1, 2009 Research Article vol 79 issue 1 2009 https://doi.org/10.3102/0034654308326158

[22] Arja-Sisko Holappa, « Les petites écoles rurales en Finlande », Revue internationale d’éducation de Sèvres, 59 | 2012, 103-112.

[23] Education et ruralités, Revue internationale d’éducation de Sèvres, n°59 avril 2012. La Revue de Sèvres http://www.ciep.fr/ries/index.php Dossier l’école rurale

[24] Cfr La Documentation Française Mission ruralité Adapter l’organisation et le pilotage du système éducatif aux évolutions et défis des territoires ruraux Rapport d’étape n°2, Luglio 2018.