La capacità di discriminare contenuti validi e fonti attendibili nelle ondate ininterrotte d’informazioni e di messaggi che inondano i nostri giorni, non è più un’opzione. E’ ormai una delle competenze globali destinate a imporsi come indispensabile nel patrimonio individuale di competenze; una conquista necessaria per ogni cittadino e un’esigenza insopprimibile per il benessere di una società. Si affaccia un ennesimo compito aggiuntivo per la scuola o si tratta di una declinazione attuale della sua responsabilità? Ragioniamoci.

Fake news e post-truth: che cosa nascondono queste parole di successo?

La parola fakenews è entrata prepotentemente nel linguaggio corrente: richiama esperienze ormai quotidiane ma introduce anche motivi di attenzione e di preoccupazione, nel dibattito come nelle analisi. Su Google l’espressione esplode dal 2016 in poi, dopo una lunga latenza.

Nel 2016, a conferma di una svolta nella consapevolezza generale, Oxford Dictionaries individua come parola dell’anno “post-truth”, definita come “relating to or denoting circumstances in which objective facts are less influential in shaping public opinion than appeals to emotion and personal belief.”

Riferite a processi complessi che investono tutti gli ambiti della vita delle società le riflessioni in tema di fakenews e di post-truth segnalano i pericoli reali di deriva della società dell’informazione. Non possono lasciare indifferenti le scuole e chi si occupa di costruzione dei nuovi cittadini.

 

Fattori catalizzatori e radici profonde

La digitalizzazione è senza ombra di dubbio dietro l’esplosione del fenomeno. Stagioni politiche correnti in vari paesi (USA…) drammatizzano il peso della disinformazione come dei messaggi artefatti. Eventi rilevanti come è il caso della Brexit mettono in evidenza il rischio di manipolazione, con notizie non vere e dati non corrispondenti alla realtà, di quote rilevanti di opinione pubblica. Vicende particolari, inoltre, come  gli appuntamenti elettorali, hanno sollevato dubbi sui processi di formazione del consenso. Questi e altri fattori hanno contribuito ad attrarre l’attenzione su fenomeni che non riguardano più, come in passato, la gestione della massa enorme e crescente di informazioni, quanto piuttosto gli effetti perversi che ne possono conseguire. Diventa anche pertinente, oltre che stimolante, l’interrogativo sulle radici profonde delle tendenze in atto e della loro affermazione. Nati per credere intitolano un volume illustri scienziati per affrontare la questione del perchè ‘il nostro cervello sembri predisposto a fraintendere la teoria di Darwin (Girotto,V., Pievani, T. e G. Vallortigara, Nati per credere, Le Scienze, 2018).

I tipi di fakenews e i nuovi canali di informazione

Il panorama è variegato e gli studi hanno ricostruito tipologie e processi. FactBar, un’organizzazione finlandese, ad esempio, distingue la misinformazione (le informazioni errate) dalla disinformazione (“le bufale”) e dalla “malinformazione” (informazioni che creano danni e causano problemi) (FaxtBar, Fact checking for educators and future voters, 2018). La transizione dei canali d’informazione dalla TV ai social e la forte contrazione dei testi scritti come fonte di conoscenza sono ormai ben documentati e consolidati: sono all’origine della nuova comunicazione in cui siamo immersi.

Strategie di difesa

Una delle sfide maggiori delle fake news è che il compito di verificarne il contenuto pesa sul lettore o sul ricevente in generale, non sempre in condizioni di poterlo fare, per questioni di tempo, per mancanza di risorse, per incapacità personale. Come affrontare l’epoca della disinformazione e delle informazioni errate è una questione che preoccupa e scuote la vita collettiva di una società. Varie sono le strade di contrasto che si vanno imboccando.

Servono nuove leggi ad hoc e alcuni paesi stanno lavorando in questa direzione. Altri sostengono la necessità di promuovere una maggior attenzione alla scienza: “occorre ascoltare la scienza”. Numerose sono le iniziative di fact checking nel campo del giornalismo come nell’area del dibattito politico. E’ generale, tuttavia, la convinzione che l’educazione sia la strada vincente e che la scuola, là dove si formano i cittadini di oggi e di domani, non possa dichiararsi estranea..

L’educazione come arma vincente

“High-quality education and having more and more educated people is a prerequisite for tackling the negative effects of fake news and post-truth” scrivono gli autori del Media Literacy Index (2018) precisando che “While some regulation is necessary, education seems to be the best all-round solution.”.

La Legge 20 agosto 2019, n. 92 Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica (19G00105) (GU Serie Generale n.195 del 21-08-2019) è stata salutata positivamente. La cittadinanza digitale diventa un tema obiettivo della scuola. E’ significativo che tra le abilità e competenze digitali, all’art.5 della legge, si mette al primo posto a) analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità di dati, informazioni e contenuti digitali”. La formulazione riflette posizioni condivise e preoccupazioni diffuse; in qualche misura si lega al ragionamento critico e all’uso dell’informazione presente nelle Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione.

La traduzione operativa e l’interpretazione in classe incontrano, tuttavia, non pochi ostacoli. La fragilità è indotta da fattori contestuali la cui modifica sfugge alla scuola.

Dalle intenzioni alle pratiche il passaggio non è né automatico, né semplice. E’ indispensabile un contesto favorevole per sviluppare iniziative coerente ed efficaci.

In primo luogo entra in gioco il livello di alfabetizzazione digitale e, più in generale, di media education. Purtroppo l’indice relativo (vedi grafico a lato) non vede il nostro Paese in una posizione di rilievo: affonda nella mediocrità mentre svettano altri paesi. C’è molto lavoro da recuperare per contenere la vulnerabilità.

Soprattutto il rischio di un ritardo difficile ormai da colmare non è astratto. E’ una questione che coinvolge i fondamentali della vita civile del nostro Paese.

In secondo luogo fattori importanti sono l‘atteggiamento nei confronti della scienza, la comprensione pubblica della scienza e la fiducia nella conoscenza scientifica. Sotto questo profilo gli studenti del nostro Paese non sembrano condividere una visione positiva della scienza come avviene per i loro coetanei di altri paesi: sia gli indici di fiducia nel metodo scientifico, sia i livelli di motivazione per l’apprendimento delle scienze sono distanti dai valori medi dei paesi OECD (PISA 2015 Results in Focus, OECD 2016 p.7).

Per un innesto proficuo serve una strategia articolata che crei le condizioni favorevoli per interventi specifici.

Insegnare il fact-checking è possibile

Per quanto in una fase ancora embrionale un’area di crescente interesse nelle scuole si rivolge alle attività di fack-checking con l’obiettivo di mettere gli studenti in grado di affrontare il ‘disordine informativo’. Esistono esperienze e progetti pilota, anche nel nostro Paese, network internazionali in via di diffusione: si vanno così delineando metodi e soluzioni per il  fact-checking utilizzabili nelle scuole, dalle primarie alle superiori. Questo movimento trova un humus fertile nelle riflessioni sul pensiero critico, sviluppandone le implicazioni in una specifica direzione. Le pratiche didattiche sono di grande interesse e hanno una valenza di carattere generale: esaminare le fonti, leggere i messaggi a fondo, verificare la credibilità dell’autore, analizzare gli argomenti che sorreggono le affermazioni, considerare i tempi, distinguere i codici (satira, retorica, umorismo…), evidenziare i fattori di distorsione, consultare gli esperti.

Nella scuola attenta al ragionamento, all’argomentazione e al confronto si apre un terreno fertile su cui innestare pratiche di fact-checking, di taglio interdisciplinare, di forte attualità e di chiara valenza civica. Non indifferenti rispetto alla responsabilità della scuola di preparare cittadini attivi. Il tempo disteso assicurato all’avvio del nuovo impianto dell’educazione civica potrebbe rivelarsi utile per attrezzare percorsi significativi in questa direzione.